Il fatto - 6/8/2002
Il divorzio di Biaggi
La Yamaha e la favola dei talenti
Quattro anni è durato il matrimonio fra Max Biaggi
e la Yamaha. Una unione dalla quale sono nate sei vittorie, un titolo
di vicecampione del mondo piloti, nel 2001 ed un mondiale marche, nel
2000. Un bottino discreto, tenendo conto che quando il romano è
approdato ad Iwata la casa giapponese aveva raggiunto il punto più
basso dal suo ingresso nel motomondiale, avvenuto nel 1974 con Giacomo
Agostini e coronato l'anno successivo da un mondiale piloti battendo
Phil Read e la mitica MV Agusta.
Questo risultato, grazie al quale la casa dei diapason può cercare
ora di rilanciarsi come principale antagonista della Honda, dopo aver
riconfermato Carlos Checa per due anni, non ha però soddisfatto
Biaggi che, dopo aver lavorato duro e sviluppato non solo la YZR 500,
ma anche la nuova M1 non ha visto i suoi sforzi premiati con l'arrivo
di una moto veramente competitiva. Il risultato è stato un divorzio
- trapelato la settimana scorsa ma mai ufficializzato - che era però
nell'aria dal GP del Sachsenring. Lì infatti la Yamaha aveva
fatto il primo passo presentando un contratto allo spagnolo, ma non
offrendo alcuna seria garanzia tecnica al Corsaro. Questi, infatti,
aveva chiesto un programma chiaro, delle certezze, in vista del 2003.
Stanco, probabilmente, dopo quattro anni di lotta, di dover sempre inseguire
lo strapotere Honda, divenuto quest'anno qualcosa di più: una
autentica dittatura grazie all'imbattibile Rc211V, la cinque cilindri
di Valentino Rossi.
Non è dato conoscere i punti esatti del disaccordo ma è
certo che la Yamaha, di recente abbandonata anche dalla Marlboro, ha
perso in un sol colpo il più munifico degli sponsor ed il migliore
dei piloti, risultati alla mano. Un fatto, incontrovertibile, che se
da un lato non parla a favore della gestione di uomini e mezzi operata
da Lin Jarvis e Davide Brivio, dall'altro è l'involontaria conferma
dei limiti organizzativi dell'attuale struttura.
Non si può, infatti, addebitare tutte le colpe dei fallimenti
della Yamaha negli ultimi anni, né ai tecnici né ai piloti.
E' stata invece la scarsa professionalità di chi ha gestito un
team multimiliardario ad affossare le ambizioni dei suoi uomini di punta.
E' un po' la conferma della favola dei talenti: qualsiasi tesoro, nelle
mani sbagliate, non produrrà alcun frutto.