il fatto 31/5/2006
Un giro al Mugello con
Guareschi in sella alla Desmosedici
Chi è il pilota che conosce meglio il circuito del Mugello?
Valentino Rossi? Loris Capirossi? Niente affatto, probabilmente, infatti,
nessuno dei piloti in attività vi ha percorso più chilometri
di Vittoriano Guareschi, 35 anni, collaudatore della Ducati dal 2001,
da
quando, cioè la la casa di Borgo Panigale, per la quale gareggiava
nel mondiale Supersport, avendo deciso di abbandonare la categoria gli
chiese se avesse voglia di abbracciare la carriera di collaudatore.
”Inizialmente tentennai - racconta Vitto - poi accettai: è
una sistemazione provvisoria, dissi a me stesso, più tardi però
scoprii di essermi innamorato di questo lavoro. 12.000 Km percorsi in
pista all’anno, con il sole o con la pioggia. La maggior parte delle
volte in solitudine perché, anche se a volte si divide la pista
con altre squadre, con gli altri collaudatori è sempre meglio tenere
le distanze... Van den Goorbergh per la Yamaha o Olivier Jacque per la
Yamaha sono amici, ma i segreti da tenere sono tanti ed a volte non basta
piazzarsi a tre box di distanza per non farsi spiare..l’unico fra
tutti con cui ho avuto un rapporto di vera amicizia è stato Marcellino
Lucchi”.
Guarda
caso un altro che il Mugello lo conosce alla perfezione, tanto da avervi
addirittura vinto un GP, nel 1998, con l’Aprilia. A Vitto non è
accaduto, anche perché molto modestamente, Guareschi non si mette
sullo stesso livello di Capirossi.
“Loro vanno più forte di me. La mia paura non è quella
di non riuscire a fare il record della pista, quanto quella di non riuscire
a capire una moto. Ogni volta che salgo sulla Ducati sono assalito dalla
paura: e se non la capirà? Poi, per fortuna, una volta alla guida
la tensione svanisce e le idee fluiscono semplicemente. La mia più
grande soddisfazione? Quando Loris scende di sella e mi dice: sai, Vitto,
hai proprio ragione…”.
Una conversazione, questa, che accade spesso proprio al Mugello,
dove Guareschi percorre gran parte dei chilometri durante l’anno.
Il circuito sul quale questo fine settimana si correrà il Gran
Premio d’Italia.
“La Ducati va bene al Mugello, ma soprattutto vanno bene le Bridgestone,
sull’asciutto e sul bagnato – spiega Vitto - quello toscano
è uno dei circuiti più affascinanti del mondo, a differenza
di Imola, Monza ed ora Assen non è stato snaturato da tornantini
ignoranti. E’ un tracciato nel quale al di sotto della seconda marcia
non si va, e premia i piloti in grado di guidare danzando. Al Mugello
più che la staccata, serve prendere il ritmo. E’ però
anche una pista molto faticosa, perché costringe a lavorare tanto
di braccia e di gambe per far guizzare la moto nelle esse”.
Già, le esse. Osservando la mappa del tracciato con la
telemetria di Capirossi si è portati a pensare che il tempo si
va nei tratti veloci…ed il pensiero corre subito all’Arrabbiata
1 e 2.
“Tutti pensano a quella doppia curva lì. In realtà
all’Arrabbiata non si inventa molto: è più impegnativa
la esse di Biondetti perché facendola forte si guadagnano chilometri
prima della staccata della Bucine”.
Allora saliamo idealmente in moto con Guareschi. E via!
“Iniziamo dal rettilineo, che è anch’esso importante.
Si taglia la riga bianca del muretto dei box, stando attenti allo scollinamento,
dove la moto si impenna, poi si stacca a 200 metri alla San Donato: il
motore frulla a quasi 17.000 giri a 340 Km/h. Sesta seconda, in salita,
verso la esse Luco-Poggio secco: bisogna tenersi interni e privilegiare
l’uscita. Lì c’è una macchia sull’asfalto
che quando piove fa paura. Si inserisce sino alla quarta, 230 all’ora,
poi di nuovo seconda nella Materazzi-Borgo San Lorenzo. Qui si può
salire anche sul cordolo, che è stato allungato, poi giù
in picchiata alla Casanova in discesa”.
Uno dei punti in cui si vedono i sorpassi più spettacolari.
“E’ una curva critica. Bisogna affrontarla come uno slalomista
pensando ai cordoli come ai paletti. La traiettoria è tutto. La
moto è molto carica sull’avantreno e dietro c’è
poca aderenza. La linea va impostata tenendo conto che la successiva Savelli
porta alla prima dell’Arrabbiata. Da lì si accelerare forte
verso la seconda, che è in salita e cieca per via di un dosso.
Un altro poi c’è prima della Scarperia, anche qui ruota in
aria, con la terza, a 220 e attenzione perché in uscita nella Palagio
c’è l’asfalto segnato. Bisogna fare in modo di avere
la moto già dritta se si vuole spalancare il gas senza perdere
tempo”.
Si scende in picchiata a 240 Km/h verso il Correntaio.
“Una bella curva da terza, dove è possibile sorpassare perché
non c’è un’unica linea da tenere. In più c’è
tanta aderenza e l’uscita è importante per prendere la massima
velocità per affrontare le due Biondetti. Si fanno molto forte
e, a quella velocità, è veramente impegnativo fisicamente
riuscire a far girare la moto. Dopo c’è la Bucine, che immette
sul rettilineo:si arriva a 260 all’ora, quarta-terza, l’asfalto
è ondulato, lì sono a mezza piega, freno e la butto giù
cercando il cordolo interno, ma non troppo presto perché il raggio
è decrescente e bisogna pensare ad aprire il prima possibile...”.
Il sogno di Vitto Guareschi, questa settimana, è facile da indovinare.
“Vedere Loris sul podio. Quando accade mi sembra di essere lì
con lui. L’incubo corrispondente è quando c’è
qualche problema e la moto non va: mi sento responsabile”. I campioni
corrono e vincono per gloria e denaro. Il collaudatore fa tutt’altra
vita, economicamente parlando.
“Io al guadagno proprio non penso. Forse lo farei anche gratis,
perché dove lo trovo un altro lavoro che da un gusto simile?Al
dopo non ho ancora pensato, od anzi, sì: nel negozio di moto di
mio padre. Mi piace mettere le mani sui motori, sporcarmele. E’
la mia grande passione”.
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