il fatto 23/3/2006
Capirossi: così
domo la Desmosedici a Jerez
Capirossi non avrebbe potuto trovare un circuito migliore di
Jerez per iniziare il mondiale. Sui 4.423 metri del tracciato Andaluso,
infatti, l’imolese negli ultimi test Irta ha fatto il record della
pista, accreditandosi come favorito per il Gran Premio di apertura del
campionato.
Un suo giro di pista, dunque, rappresenta lo stato dell’arte della
guida di alto livello a Jerez. Ecco come lo affronta nel racconto fatto
al Corriere dello Sport.
“La
cosa importante, a Jerez, è poter avere fiducia nell’avantreno.
Ci vuole una moto molto stabile ed è necessario fare un cambio
“furbo”...essere pronti a sacrificare il rapporto adatto in
un punto per poter sfruttare meglio la moto in quello successivo. Il trucco
è raddrizzare la Desmosedici il prima possibile all’uscita
della curva, per avere la trazione migliore solo così si riescono
a sfruttare tutti i cavalli. La prima curva si affronta in seconda, dopo
una brusca frenata: il problema non è tanto la decelerazione, quanto
la presenza di un avvallamento dell’asfalto sulla traiettoria. Evitarlo
è impossibile: bisogna solo cercare di prenderlo in modo che non
disturbi troppo. Subito dopo si accelera vigorosamente e, a circa 170
KIm/h si combatte con la tendenza che ha l’avantreno a sollevarsi.
Con il “naso” giù si imposta poi una delle curve più
lente del tracciato, poco più di 70 Km/h, con il motore che borbotta
quasi al minimo: poco più di 6000 giri. Questa curva è importante
perché scegliendo la traiettoria giusta e non facendo muovere troppo
la Desmosedici si è in grado di affrontare le due pieghe veloci
successive in sequenza. In effetti le curve sarebbero tre, ma le prime
due sono legate fra di loro e la terza è un curvone veloce che
si affronta ad oltre 170 e che ti spara in fondo ad un breve rettilineo
a 240 all’ora al termine del quale c’è la curva Dry
Sack, quella dell’incidente fra Schumacher e Villeneuve. Sfruttando
bene la curva che immette sul rettilineo, rallentata anch’essa da
una buca, si riesce a sfruttare tutto il motore ed in fondo si sfiorano
i 300 all’ora.
La frenata è bruschissima: io a volte supero anche gli 11 bar di
pressione sulla pompa, anche perché a me non piacciono le decelerazioni
lente...io pinzo brutalmente e butto giù la moto, quindi affronto
le due curve in successione: nella prima si entra più veloce che
nella seconda, ma è nella seconda che bisogna contrastare la tendenza
della moto a mettersi di traverso perché più si è
disallineati e più si fatica, poi, a girarla velocemente a destra
per immetterla in una doppia curva ad “U”. Lì, gas
in mano, affronto le ultime due curve del circuito. La prima si fa a 160,
la seconda ad oltre 180. Ma la cosa importante è presentarsi bene
alla staccata prima della curva che immette sul rettilineo del traguardo.
E’ una curva stupida, ma bisogna stare attenti a proteggere l’interno,
altrimenti un eventuale avversario può infilarsi...io la faccio
strettissima”.
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