Tecnica
altra tecnica
Bridgestone: “Gomme su misura per i nostri team. No alla 16” anteriore”
La Honda RC 212V è… telepatica
Domenicali: Ducati, tecnica e passione
L’evoluzione della Yamaha M1
La RC211V saluta e se ne va. Arriva la 800, la nuova sfida Honda
MotoGP e Superbike: è tempo di cambiamenti
Goubert: le MotoGP 800 cc non saranno più agili delle 990 cc
Forghieri ed il futuro prossimo: è una V-4 a 90° l’ 800 cc ideale
Il “Sound” dei Gran Premi
La Michelin sfida i lunghi curvoni di Barcellona
Mugello: i segreti delle Michelin da qualifica
Le termocoperte
F.1 contro MotoGP: due mondi a parte
Edwards ed i segreti Michelin a Sepang
Michelin vs. Bridgestone: qualche considerazione
Dupasquier (Michelin): la MotoGP più impegnativa della F.1
Gibernau svela i segreti della Michelin a Jerez
In Sud Africa la sfida delle gomme
Le due facce della Honda
La Yamaha M1 vestita a nuovo
nel 2002
La lezione di Yoda
I segreti della Sala Prove Aprilia
La Michelin ed il chattering
La simulazione dinamica
Suzuki, Dunlop addio nuovo matrimonio con la Michelin
La Michelin pronta per la sfida dei 250 cv
La Yamaha confessa: forse entro l'anno avremo cilindrata piena ed iniezione
Lombardi: l'Aprilia "al cubo" in pista il 24 a Jerez!
nel 2001
nel 2000

L'ANTI-SPIN: proibito in F.1, non piace ai motociclisti
In F.1 è ormai una tecnologia vietata, nella 500, invece, la usano tutti anche se (quasi) nessuno vuole ammetterlo. Stiamo parlando dell'anti-spin - in italiano dispositivo anti-slittamento - che in soldoni vuol dire che il pilota apre il gas ed un dispositivo elettronico si preoccupa di gestire l'erogazione della potenza. Detto così sembra semplice, in realtà il perfetto funzionamento dell'anti-spin, per le auto come le moto, è un risultato difficile. Più per le moto, però e per due fondamentali motivi: il primo è la maggiore imprevedibilità dei motori a due tempi, ancora alimentati con carburatori invece che con la ben più precisa iniezione, il secondo perché la moto ha solo due ruote, delle quali una, l'anteriore, non sempre tocca l'asfalto. Per spiegare in modo ultra semplificato come funziona un dispositivo antislittamento si può dire che esistono due sensori, uno per ciascuna ruota, che controllano la velocità di rotazione. In teoria le due ruote dovrebbero avere identica velocità, in pratica quella posteriore tende a girare più velocemente per effetto del pattinamento, dovuto alla dispersione della potenza sull'asfalto, effetto appunto della perdita di aderenza. Quando la velocità di rotazione della ruota anteriore e di quella posteriore non coincidono dovrebbe intervenire l'anti-spin, che "taglia" l'erogazione della potenza, intervenendo sull'anticipo dell'accensione, per riportare la gomma posteriore in contatto continuo con l'asfalto. La moto, però, non è un'auto: sotto l'effetto dell'accelerazione la ruota anteriore tende a sollevarsi da terra. Ecco dunque la necessità di un altro sensore, questa volta sulla forcella. La logica, in questo caso, è semplice: se la compressione della forcella è compresa fra zero ed un centimetro significa che la ruota non tocca terra, quindi si è in piena accelerazione e non conviene tagliare la potenza. O non conviene tagliarla troppo. A giudicare in che percentuale intervenire ci pensa un algoritmo matematico. Anche qui, semplificando al massimo, si può parlare di un discorso percentuale: l'erogazione della potenza, cioè, può essere "tagliata" del 10%, fino al 35%, senza soluzioni di continuità. Ci vogliono un sacco di calcoli, per fare questo lavoro e per questo motivo la Yamaha YZR 500, per esempio, ha ben due centraline elettroniche che si occupano della registrazione e della successiva elaborazione dei dati. Non stiamo parlando di telemetria (trasmissioni di dati via radio), che nelle moto è proibita, ma semplicemente di registrazione e, in alcuni casi come quello dell'anti-spin, dell'attuazione di strategie di funzionamento pre-elaborate. La logica è semplice: più dati sono in tuo possesso, più ne possono essere elaborati e di conseguenza il controllo risulterà più accurato. Questo è il motivo per cui, per esempio, la Yamaha utilizza ben trentadue canali di registrazione che includono giri del motore, posizione della manopola del gas, escursione delle sospensioni, marcia inserita, detonazione nei cilindri, pressione nei cilindri, temperatura nei cilindri, pressione applicata alla leva del cambio (!) e così via. "Il problema dell'utilizzo dell'anti-spin - spiega l'ingegner Sakurada, responsabile della Yamaha - è che ai piloti non piace molto e, comunque, non influenza troppo i tempi sul giro, se non sul bagnato, che è la situazione nella quale viene più frequentemente usata.

La moto, infatti, rispetto all'auto ha una guida meno meccanica e più affidata alla sensibilità del pilota. Questi, quando serve, si sposta avanti ed indietro sulla sella, spostando il carico e recuperando trazione. In una F.1, invece, il pilota è immobile e non può fare nulla quando in accelerazione le gomme posteriori pattinano. Inoltre l'intervento dell'anti-spin è, in pratica, un limitatore di potenza ed i piloti sono psicologicamente contrari. Quando si fermano dicono che il motore non spinge". Esiste, ovviamente, la possibilità di inserire e disinserire il dispositivo in corsa, tramite un interruttore meccanico posto sul manubrio. "Anche questo è un problema - continua Sakurada - in F.1 guidi seduto ed hai un cruscotto piuttosto chiaro sul volante, sulla moto sembra che i piloti perdano il controllo della situazione finendo per non ricordarsi in quale posizione è l'interruttore".

"Confermo - dice Carlo Fiorani, direttore sportivo della Honda-Europa - tanto che, nell'occasione in cui abbiamo parlato del problema con Jeremy Burgees, capo meccanico di Rossi - mi è tornato in mente quel bellissimo cruscotto, di derivazione aerospaziale, che la Honda utilizzava sulla NR 750 di serie e che proiettava i dati nel vuoto, davanti agli occhi del pilota". "Il problema più grande - spiega però Rossano Brazzi, il primo tecnico ad occuparsi di anti-spin sulla Aprilia 500 bicilindrica - è graduarne l'intervento. L'alimentazione a carburatori, infatti, non è abbastanza precisa. Con l'iniezione sarebbe tutta un'altra storia". "Per noi il problema non era tanto la perdita di trazione - continua Gianni Sandi, responsabile della 500 di Harada - quanto quella di limitare l'impennata in accelerazione, ma poiché per riuscirci dobbiamo limitare la potenza, e non ne abbiamo abbastanza, abbiamo finito per non usare l'anti-spin". "Io lo uso, eccome - ammette invece McCoy, re della scivolata, l'ultimo dei piloti che sembrerebbe averne bisogno - e non solo sul bagnato: trovo dei vantaggi ad inserirlo anche verso la fine della gara, quando le gomme sono finite ed iniziano a scivolare di più. Il controllo migliora notevolmente". Un motivo, questo, ci sembra, per approfondire gli studi.

Sito web realizzato da After S.r.l.