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E' uno strano campionato questo della 250. Innanzitutto perché c'è un favorito così favorito che su di lui non si può più nemmeno scommettere. Dopo quattro successi schiaccianti e non nei quattro GP che hanno aperto la stagione, gli allibratori hanno escluso il nume di Daijiro Katoh dalla lista dei "giocabili". Si punta soltanto sugli altri, come se lui non esistesse. Come se in assenza di "calamità naturali" (vedi pioggia del GP Italia al Mugello) la sua vittoria fosse scontata.
E poi perché le Case giapponesi hanno smobilitato, riducendo ai minimi termini la loro presenza nella categoria. La Yamaha, che schiera ben quattro squadre e otto piloti ufficiali in 500, non si è assolutamente preoccupata di difendere il titolo conquistato nel 2000 con Olivier Jacque. Ha azzerato lo sviluppo tecnico della moto campione in carica e l'ha affidata ad una squadra di secondo piano, con piloti di secondo piano. E chi s'è visto s'è visto. Ovvio che così facendo poteva scordarsi le soddisfazioni arrivate con Jacque ed il suo compagno Nakano, che nella passata stagione gli ha conteso il numero uno fino all'ultimo metro dell'ultima gara.
T. HaradaLa Honda non è arrivata a tanto, ma ha selezionato accuratamente la propria presenza. Una moto vincente, la NSR rinnovata pressoché completamente un anno fa e opportunamente ritoccata per renderla ancora più competitiva, un pilota vincente, identificato in Daijiro Katoh, ormai pronto a puntare al massimo traguardo dopo aver preso le misure alle difficoltà del campionato e ad un mondo alquanto diverso dal Giappone, dal quale è uscito per la prima volta un anno fa. La presenza di un secondo pilota, lo spagnolo Alzamora, all'interno della sola squadra Honda in 250, sapientamente gestita da Fausto Gresini, non serve unicamente a "fare numero". Ha infatti garantito una generosa sponsorizzazione che copre le spese dell'uno e dell'altro...
L'Aprilia è andata controcorrente. Ha scelto una presenza massiccia in 250, forse per compensare la momentanea uscita di scena dalla 500, dettata dagli insuccessi della bicilindrica, i cui risultati nel 2000 sono stati abbondantemente inferiori alle aspettative. Fatto sta che partendo dalla scontata conferma di Marco Melandri, arruolato con un accordo triennale con scadenza a fine 2002, si è arrivati a comporre un esercito di piloti non certo di primissimo piano che ben poco hanno fatto fino ad oggi e potranno fare in futuro per mettere i bastoni tra le ruote a Katoh ed alla Honda. Sorprende questa scelta di puntare sulla quantità anziché sulla qualità, come nella tradizione Aprilia. E non è neppure ben chiaro come ci si sia arrivati, visto che il progetto originario, annunciato a fine campionato 2000 era di segno opposto: in un primo tempo la moto "ufficiale" sembrava dovesse essere negata addirittura a Roberto Locatelli, fresco campione del mondo in 125, poi sono saltate fuori non solo quella per lui, ma anche quelle del tedesco Nohles, dell'irlandese Mc Williams, degli spagnoli Nieto e Debon. Tante, troppe. Tali da conegestionare il reparto corse, dove il dover produrre ricambi per tutti rallenta il lavoro di sviluppo di una moto che non può rinunciare al proprio margine di crescita se si vuole tenere testa alla Honda.
Prima di imboccare la strada dell'abbondanza, quando ancora si pensava ad un impegno in linea con quello delle concorrenti giapponesi, c'era stato qualche dubbio anche sull'affidare la 250 ufficiale a Tetsuya Harada, iridato della categoria nel '93 con la Yamaha e ad un passo dal ripetersi nel '98 con l'Aprilia, abbattuto e battuto da Capirossi all'ultimo GP. Due stagioni in 500 in effetti hanno avuto sul giapponese effetti devastanti, in particolare quella 2000, dalla quale è uscito proprio male. All'Aprilia non sapevano bene se cercare di recuperarlo oppure sbarazzarsene, Per fortuna alla fine se lo sono tenuti stretto. Perché se oggi c'è un pilota da cui Katoh deve guardarsi bene quello è proprio Harada. Il giapponese è un diesel, quando in inverno il connazionale abbatteva record su record, lui si beccava un paio di secondi al giro da Melandri, con la stessa moto. E con faccia serafica spiegava di quanto fosse diversa la guida della 250 da quella della 500. Di come avesse perduto quella scorrevolezza in curva che era stata la sua arma migliore, in 250.
Poi è arrivato il primo GP, in Giappone. Strapazzato da un inarrivabile Katoh, Harada si è portato a casa il secondo posto. E nelle gare successive ha continuato a raccogliere il massimo possibile con il minimo sforzo accumulando punti e fiducia. In Francia ha contrastato Katoh fino all'ultimo giro, senza troppa cattiveria forse, ma fino all'ultimo. Al Mugello, sotto la pioggia, lo ha battuto nettamente cancellando tutto o quasi il ritardo in classifica, a Barcellona lo ha di nuovo infastidito fino all'ultimo. Perdendo la volata ma riscoprendosi sempre più vicino al campione che è stato e che vuol tornare ad essere. Per l'Aprilia, un toccasana.

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