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       LA 
        LEZIONE DI YODA 
        di Edgar Jessop  
          
        Fino al GP della Repubblica Ceca la Honda sembrava invincibile. 
        Nove vittorie su nove gare disputate - otto con Rossi una con Ukawa - 
        avevano trasformato il motomondiale della classe regina in un monomarca. 
        Un dominio interrotto a Brno da Max Biaggi che per la prima volta portò 
        la M1 sul podio davanti alla Rc211V.  
        Merito del pilota, certo, ma anche di un ingegnere giapponese, Ichiro 
        Yoda che, dopo le prime, disastrose, uscite della quattro cilindri a carburatori 
        della casa di Iwata, non si è dato per vinto trasformando un progetto 
        sbagliato che aveva  
        dato origine ad una moto perdente in un mezzo vincente.  
        La base di partenza per Yoda è stata una moto non progettata da 
        lui con un propulsore al di sotto della cilindrata permessa dal regolamento 
        - 990 cc - un telaio sbagliato, una elettronica da rifare. 
        "Sul motore abbiamo lavorato per gradi e da subito - ha spiegato 
        Yoda a Phillip Island - abbiamo aumentato la cilindrata poco per volta, 
        verificando il gradimento dei piloti. Più difficile è stato 
        rifare il telaio, ma quando al Mugello è scesa in pista una moto 
        completamente ridisegnata abbiamo capito di aver fatto un grosso passo 
        in avanti". 
        Ridisegnata è un eufemismo di Yoda: al GP d'Italia, infatti, non 
        c'era un particolare della M1 che aveva iniziato il mondiale identico 
        alla nuova moto. Oltre ad un telaio diverso, infatti, erano stati cambiati 
        serbatoio, sella e posizione del pilota. Addirittura il motore era stato 
        ridisegnato (con una inclinazione dell'angolo dei cilindri leggermente 
        inferiore) per favorire il riposizionamento nel telaio. 
        Il risultato dell'operazione era l'immediata sparizione del sottosterzo. 
        Solo a Phillip Island, però è arrivata l'iniezione, e solo 
        sulla moto data a Norick Abe, mentre, contrariamente a quanto annunciato 
        da Yoda all'inizio della stagione, la testa è rimasta a cinque 
        valvole. 
        "C'è un motivo tecnico - rivela Yoda - fintantoché 
        l'alesaggio non supera certi limiti si sfrutta meglio lo spazio nella 
        testa con cinque valvole che con quattro. In F.1 è diverso perché 
        i motori sono molto più quadri. Il vantaggio di utilizzare cinque 
        valvole, attualmente, non è il riempimento, bensì il fatto 
        che le valvole sono più piccole e leggere. Ancora, in F.1 non esiste 
        questo problema con la distribuzione pneumatica, ma con le molle il peso 
        si fa sentire a regimi ormai vicini ai 16.000 giri. Quanto all'iniezione 
        ci stiamo ancora lavorando. Da vantaggi soprattutto in termini di consumo 
        e di gestione dell'erogazione della potenza ed un po' aumenta anche la 
        velocità massima. Il consumo, però, attualmente con 24 litri 
        non è un problema ed è probabile che non lo sia neanche 
        nel futuro visto che la MSMA intende posporre la diminuzione della capacità 
        del serbatoio (da 24 a 22 litri N.d.R.) oltre il 2004". 
        Per il futuro altre sfide attendono Ichiro Yoda: controllo elettronico 
        sulle sospensioni ed un miglioramento della gestione elettronico-idraulica 
        della frizione. 
        "Sono anni che la Ohlins lavora per migliorare le sue sospensioni 
        - conferma Yoda - Checa all'Estoril ha provato un ammortizzatore posteriore 
        "intelligente" .L'obiettivo è quello di aiutare il pilota 
        a scaricare a terra la potenza. Quanto alla frizione a slittamento controllato 
        il passo avanti è stato fatto in occasione del GP di Francia, quando 
        è arrivato un nuovo software in grado di controllare un maggior 
        numero di parametri". 
        Non lo dice, Yoda, ma uno dei segreti Yamaha, in frenata, è anche 
        quello di tenere "aperto" il quarto cilindro, diminuendo così 
        il freno motore. Una particolarità "top secret" della 
        M1 tradita, però, dal rumore del propulsore in scalata
 
       
        17/10/2002 
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